Siamo da oltre 40 anni costretti a confrontarci con la malattia mentale, con le persone malate, con le loro famiglie, con i DSM deputati alla presa in carico, con gli psichiatri, con gli operatori del DSM, con gli assistenti sociali, con i politici, con i media, con i conoscenti del malato, con gli insofferenti della persona malata, ma purtroppo dobbiamo constatare che poco è cambiato. Il malato mentale è purtroppo sempre visto come un soggetto pericoloso. Come purtroppo è stato definito Andrea Pignano: un killer.
Chiediamoci: perché Andrea ha messo in atto il suo tragico atto di morte uccidendo tre persone e poi se stesso? Chiediamoci: chi era Andrea? Un ingegnere che aveva problemi psichiatrici gravi. Chiediamoci se Andrea avesse un medico di medicina generale e se lo stesso si fosse accorto che Andrea soffriva di un disturbo psichiatrico. In questo caso lo aveva segnalato al Servizio psichiatrico di zona? Chiediamoci perché i Servizi di salute mentale non lo avevano in carico, nonostante la segnalazione della madre, che ha affermato di essere stata minacciata con un coltello, e se era in carico come mai non era seguito? I servizi psichiatrici hanno l’obbligo di curare tempestivamente e con ogni strumento di cui dispone la psichiatria anche chi è gravemente malato e inconsapevole della propria malattia. Come mai ciò non è avvenuto? E i servizi sociali dove erano? Ci chiediamo se i vicini di casa avessero avvertito le istituzioni. Domande che forse resteranno senza risposte.
Il caso di Andrea purtroppo non è il solo, ma è uno dei tanti altri accaduti. Suscitano rabbia, sconforto, senso di frustrazione, indignazione, perché avrebbero potuto essere evitati e purtroppo dopo pochi mesi vengono dimenticati.
Le famiglie dei malati quando chiedono aiuto non vengono supportate adeguatamente e i malati più gravi, inconsapevoli di essere malati, in grave crisi psicotica, con cui non si riesce ad attivare un’alleanza terapeutica, vengono ricoverati in TSO (trattamenti sanitari obbligatori), che mediamente durano 7 giorni, e poi sono rimandati a casa. Non sono guariti ma, uso un eufemismo, intontiti farmacologicamente. I piani terapeutici (interventi strutturati e mirati alla cura), spesso sono solo sulla carta, dovrebbero essere obbligatori, sottoscritti dal malato, dai familiari, dagli operatori.
Soffermiamoci a riflettere su una semplice constatazione: se incontro una persona che cade e sviene la soccorro subito, non chiedo il suo permesso, chiamo subito il 118, affinché se ne prenda cura e così dovrebbe essere fatto per un malato mentale grave inconsapevole della sua malattia. Deve essere curato subito, non aspettare che subentri il dramma. Se non viene curato è da presupporre un reato: omissione di soccorso. Un malato mentale grave, inconsapevole della sua malattia, non è in grado di sapere ciò che è bene e ciò che è male, non è capace di intendere e di volere e quindi le sue azioni non possono essere giudicate. Però il malato mentale grave può essere curato e se è ben curato non arriverà mai a commettere nefandezze e non diventerà mai pericoloso per sé e per gli altri.
E' vero, mancano psichiatri, operatori sanitari, operatori sociali, educatori. Il budget per la salute mentale in Italia è meno del 50% del budget delle altre nazioni europee, dove in alcuni casi supera il 10% della spesa sanitaria globale, mentre in Italia sfiora solo il 3,5%. Tutte le volte che abbiamo cercato di presentare disegni di legge per dare alla legge 180/78 contenuti adeguati ai bisogni reali dei malati e in particolare per prescrivere alle Regioni di investire più risorse nelle attività di prevenzione e cura dei disturbi psichici - almeno il 10% del budget sanitario, obbligo di cura dei malati più gravi e non consapevoli della malattia e sanzioni amministrative per i servizi che non si attivano nella presa in carico dei malati gravi o, nel caso di colpa o dolo, configurazione del reato di omissione di soccorso - abbiamo trovato le porte chiuse.
Cosimo Lo Presti , presidente pro tempore della Fisam e Maria Luisa Gentile, familiare
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