La legge 180: un po' di storia

Il disturbo mentale ha sempre fatto paura, qualcuno dice quasi come la morte e per questo ed altri motivi ha provocato il rifiuto, l'isolamento e l'emarginazione di chi ne è affetto.

E' solo a fine '800 che si cerca di dare una interpretazione del disturbo su basi scientifiche; successivamente è nata la psicanalisi con Freud, che criticava l'idea di incurabilità. Freud, basandosi sugli studi da lui effettuati insieme a Jean-Martin Charcot e Joseph Breuer e sulle nuove idee riguardanti l'inconscio, elaborò il primo modello completo sulle malattie mentali e un approccio psicoterapeutico per il loro trattamento (psicoanalisi). Il suo rimase il modello predominante utilizzato nella professione medica per il trattamento dei disturbi mentali fino alla metà del XX secolo, quando lo sviluppo della terapia elettroconvulsivante (introdotta negli anni trenta) e delle cure basate sui farmaci riportarono la pratica psichiatrica verso un approccio più meccanicistico.

Si arriva fino ai giorni nostri dove, nel 1978 è stata promulgata la legge 180, detta anche "legge Basaglia", dal nome dell'autore (vedi anche http://www.francobasaglia.it).

Il periodo del manicomio: l'istituzione

Nel periodo manicomiale i malati mentali furono accolti in vere e proprie strutture nelle quali subivano ogni genere di violenza, denunciate negli anni '70: mancanza di diritti, elettroshock forzato, tutela e confisca dei beni. L'indesiderato subiva tutte queste violenze perchè la malattia mentale non era compresa nè forse voleva essere compresa e, sbrigativamente, si faceva prima a nascondere il malato mentale tenendolo recluso in una struttura, nascondendolo agli occhi di tutti.

I progressi fatti all'estero nel dopoguerra

Con la moltiplicazione dei casi di disturbo mentale, dovuti alle guerre e all'era industriale, i governi ad un certo punto hanno dovuto affrontare il problema della salute mentale. Nell'immediato dopoguerra sono partiti i primi studi su base scientifica e pian piano è stato compreso che il malato mentale poteva essere reinserito in ambito comunitario dopo essere stato accolto in una istituzione.

La psichiatria Comunitaria

La psichiatria comunitaria nasce e si sviluppa fin dagli anni 40' negli stati anglosassoni, nel tentativo di creare nuove strutture per il trattamento dei malati mentali ed una nuova filosofia di approccio alla malattia mentale, dove l'uomo titolare di diritti viene m esso al centro del processo riabilitativo, dove finalmente vengono considerati i suoi bisogni.

Gli anni 70: la pressione per chiudere il manicomio

In Italia le precarie condizioni dei malati mentali vengono denunciate a più riprese negli anni '70, sulla scia delle proteste anticonformiste del 1968. Queste denunce, supportate da fatti reali e condizioni invivibili da parte dei pazienti, sono note come la febbre da cancello ovvero nella quale chi si battè giustamente contro il manicomio non tenne proprio conto di quanto sarebbe potuto accadere dopo la chiusura dell'istituzione manicomiale.

In quel periodo l'unica cosa che contava realmente era quella di chiudere la struttura indesiderata, cancellare gli orrori, trasferire tutti i pazienti sul territorio per poi attuare le strutture senza purtroppo delinearle.

L'Antipsichiatria e Basaglia

Franco Basaglia

Il movimento in prima linea per la chiusura dei manicomi era quello dell'antipsichiatria, come si apprende dal nome, movimento contrapposto per idee, soluzioni e spiegazioni della malattia mentale diametralmente contrapposto alla psichiatria tradizionale.

Le idee dell'antipsichiatria sono ben note e sono state esposte in una lunga intervista a Franco Basaglia in un libro del 1978, intitolato "Psichiatria e Antipsichiatria". Il testo si fa quasi interamente alle teorie di tre antipsichiatri anglosassoni: Laing, Esterson e Cooper

La famiglia è il crogiolo della schizofrenia

Tra le teorie più deleterie circolate in quel periodo e in tempi successivi,  e fino ai giorni nostri, sotto varie forme e aspetti,  c'è quella del double-bind (doppio legame). Questa teoria sostiene che la famiglia, il genitore in pratica, causa l'incapacità di comunicare con il disturbato, sia la causa determinate della schizofrenia. Questa teoria, unitamente ad altre sconsiderate e non dimostrabili ipotesi, è stata nel tempo sconfessata e ripudiata dalla comunità mondiale.

Molti operatori e psichiatri impigati nei Centri di Salute Mentale hanno seguito questa teoria, spesso con risultati disastrosi per le famiglie, uniche a sopportare gli esperimenti psichiatrici post 180; tali operatori sono più note per le loro non-risposte e mancate cure delle pesone affette da malattia mentale.

Usiamo il termine nuovi operatori perchè la rivoluzione antipsichiatrica, come ogni rivoluzione vuole,  ha creato nuovi posti e professionalità nell'ambito di un settore che è stato ceduto di fatto ai seguaci dell'antipsichiatria.

Le causa e soluzioni della malattia mentale sono state estremizzate; il problema non è più sanitario o con valenza scientifica: è stato socializzato, ridotto ad un disturbo di relazione tra i componenti della famiglia o a una sorte di repressione da parte del sistema capitalista; vergognosamente persino le diagnosi non sono state più fatte

chiunque nutra simpatia per la legge Basagliaa dovrebbe visitare il nostro sito e apprendere i drammi che hanno afflitto per anni le famiglie e i pazienti abbandonati nel territorio. Molti invece si limitano a subire il condizionamento dei mass media, quando, ad ogni anno nel periodo di maggio viene ricordato Basaglia, pochi sanno quale era il suo pensiero,  le teorie che seguiva e che era un antipsichiatra.

La promulgazione della legge 180

Nel 1978, anno caldo della psichiatria, si è giunti alla estremizzazione delle posizioni e la febbre da cancello ha prodotto la frettolosa emanazione di una legge, ben conosciuta con il nome "legge 180" che in diversi principi tutti condividono, ma che molti rifiutano ancor oggi per le conseguenze che ha avuto sul piano pratico.

La legge allora fu approvata in un mare di polemiche, dubbi e incertezze. Chi allora aveva 18 anni ricorda chiaramente tutte le perplessità legate al vero e proprio abbattimento delle reti che circondavano i manicomi, ben poco simbolico perchè il paziente fu di fatto scaraventato nel territorio guardacaso in mano a quei familiari definiti "aguzzini" impreparati a comprenderlo.

Cosa è accaduto di fatto...

Il cambiamento di rotta indotto dalla legge 180, sebbene valido sul piano pratico e della dignità umana, non ha tenuto conto di alcune importanti questioni sul piano pratico:

  • i pazienti venivano dimessi e in tempi successivi non più ricoverati in assenza pressochè totale di strutture terrotoriali
  • le famiglie, inadeguate o meno, sono state costrette a sobbarcarsi l'intera assistenza sanitaria e ancor oggi lo fanno (sono trascorsi oltre 26 anni...)
  • i pazienti più violenti o aggressivi sono stati equiparati a quelli più tranquilli e in assenza di cure, abbiamo assistito a una cronicizzazione della popolazione dei malati, in diversi casi a peggioramenti
  • i familiari, costretti a convivere con una persona spesso delirante e non in sè, hanno subìto anche gravi conseguenze per questo fatto
  • i familiari sono stati incolpati d'essere la causa e colpa della malattia mentale; disturbi importanti non sono stati diagnosticati nè curati per come dovevano esserlo
  • non ascolto delle famiglie: i Centri non rispondevano (e ancor oggi lo fanno) alle istanze dei familiari - il familiare stesso è considerato alla stregua del paziente, non affidabile ed emotivo; il suo giudizio non conta, nonostante esso sia in prima linea.

Per molti anni abbiamo assistito impotenti alla negazione dei dirtti alle famiglie uniche a sopportare situazioni incredibili e indicibili, al loro sfascio e soprattutto alla negazione del diritto di cura ai pazienti.  Esistono in questo senso alcuni libri-dossier, come quello pubblicato dall'associazione A.R.A.P. (Associazione per la riforma dell'assistenza psichiatrica).

 

Per informazioni vedi: http://www.francobasaglia.it