Disagio, disturbo o malattia?

a cura del Dr. Paolo Zucconi, con la collaborazione dello staff di Sospsiche.it

La terminologia

In recenti programmi televisivi, manifestazioni e convegni si usano vari termini per definire o meglio non definire la malattia mentale, in molti casi per negarla o minimizzarla. Non si parla più di persona affetta da malattia mentale, come ne parliamo noi (o in termine più riduttivo e mitigante: persona affetta da disturbo mentale importante o psicopatologia importante).

Prima la persona

Noi di Sospsiche.it usiamo correntemente il termine persona verso il quale desideriamo attirare la massima attenzione per cui non ci riferiamo ad uno schizofrenico, bensì ad essere umano dotato di libertà e responsabilità, soggetto di diritto e degno di essere curato come nel caso di qualsiasi persona malata nel fisico. Si tratta quindi una persona  affetta da schizofrenia. Inoltre siamo consapevoli che la terminologia "malattia mentale" (già "disturbo psicotico" o tout court "psicosi") attiene a un insieme eterogeneo di patologie che associano una coorte di segni e sintomi che compromettono significativamente sia il modo di pensare, sia la sfera emotiva, sia pure le relazioni sociali.

La più conosciuta di queste malattie mentali è la schizofrenia, ma accanto al nome più popolare se ne annoverano altri 8, meno noti, che possono allargarsi fino a più di 10, se si aggiungono anche alcuni tra i più invalidanti "disturbi dell'umore". Pertanto è difficile delineare le caratteristiche di un tipico "malato mentale" poiché sono presenti per lo più numerosi problemi che si combinano in vario modo, tanto che un caso può essere molto diverso dall'altro, data l'estrema variabilità delle manifestazioni emotive, cognitive e comportamentali di tali malattie.

Sintomi e caratteristiche

Ciò non di meno si riscontrano come caratteristiche ricorrenti nelle malattie mentali: convinzioni o idee strane in cui l'ammalato crede fermamente, mentre gli altri le considerano assurde e irreali (deliri) e visioni di cose che gli altri non vedono e non possono vedere, oppure audizioni di voci, rumori o suoni che gli altri non odono e non possono udire, oppure anche altre percezioni sensoriali non condivisibili (allucinazioni). Altre manifestazioni essenziali che accomunano molte malattie mentali sono le variazioni patologiche dell'umore, in direzione marcatamente depressiva, o in direzione dell'umore elevato, la disorganizzazione del linguaggio e del comportamento. La valutazione e la significatività di tali manifestazioni patologiche va riferita non solo in relazione alle altre persone della stessa condizione ed età, ma al funzionamento della stessa persona prima di contrarre la malattia.

La classificazione odierna

In passato la diagnosi, la terrminologia e la definizione dei disturbi mentali era compito quasi esclusivo della psichiatria da cui la dizione di "disturbo psichiatrico" o anche "malattia psichiatrica". Dal febbraio 1989 l'art 1 della legge 59 consente anche agli iscritti all'albo degli psicologi di fare diagnosi al pari degli psichiatri. In tale caso gli psicologi, riferendosi alle medesime classificazioni diagnostiche, preferiscono parlare genericamente di "psicopatologie". I riferimenti diagnostici a livello internazionale sono il sistema del DSM (attualmente la quarta edizione revisionata) elaborato dall'Associazione Psichiatri Americani e l'ICD (attualmente decima edizione) dell'OMS, pertanto le nosografie diagnostiche per avere credibilità scientifica e partecipare ad uno scambio condiviso tra colleghi vanno stilate secondo uno dei due criteri diagnostici scelti dal professionista. Ciò favorisce anche la sorte degli stessi pazienti diagnosticati con "etichette" riconosciute dalla comunità scientifica internazionale al fine di verifiche terapeutiche basate su diagnosi accreditate.

Mille termini e tanta confusione

Al di fuori delle classificazioni internazionali, conosciute per lo più dagli addetti ai lavori, negli ultimi tempi è balzato alla cronaca giornalistica il termine "persone sane portatrici di mente non convenzionale"; più o meno recentemente si parla insistentemente di "disturbo psichico", "disagio psichico", "disordine mentale", "disturbo comportamentale", "disagio psicologico" accanto o in sostituzione della dizione più tradizionale di "malattia mentale". Ci sono poi i Centri di Igiene Mentale, i Servizi di Diagnosi e Cura; la terminologia è nutrita, le patologie sono tante, la confusione è elevata.

Il Centro di Igiene Mentale

Centro di Igiene Mentale dovrebbe essere una struttura destinata alla profilassi e cura delle malattie mentali, mentre il noto Servizio di Diagnosi e Cura, luogo di contenimento e somministrazione prevalentemente di psicofarmaci riduce il termine "cura" ad una serie di interventi per lo più farmacologici.

Breve glossario

Per districarci meglio nella selva psicopatologica - psichiatrica, è utile descrivere i significati di ogni termine così come la lingua italiana corrente lo presenta (vedi dizionario Garzanti della lingua italiana):

disagio - s.m. 1. privi di agi, di comodità: abitazione disagiata * Sin. di scomodo 2. in cattive condizioni economiche * contr. di agiato

disturbo, s.m. [...] 2. indisposizione, malessere in genere non grave; - intestinale 3. difetto di funzionamento (riferito ad apparecchiature non a persone)

disordine, s.m. 1. mancanza di ordine, stato di ciò che è privo di ordine; confusione 2. sregolatezza (es. disordine nel bere).

igiene, s.f. - igiene mentale: insieme di norme dirette alla profilassi e alla cura delle malattie entali e nervose.

malattia, s.f. - qualsiasi alterazione negli organi e nelle funzioni, per cui l'organismo non è più sano.

Da quanto riportato dal dizionario della lingua italiana appare immediatamente chiaro che nel caso di patologie che durano a lungo e in molti casi per tutta la vita, come ad esempio la schizofrenia, i disturbi bipolari, i disturbi deliranti e altre ancora non si può assolutamente parlare di semplice disagio o disturbo (fenomeni transitori), nè di disordine (termine erroneamente tradotto dall'inglese disorder, che significa invece disturbo) bensì di malattia.

Inoltre sempre consultando il dizionario della nostra lingua, attinente alla mente/psiche abbiamo:


mentale, agg. della mente: facoltà mentali - mente: insieme delle facoltà intellettive e la loro sede.

psichico, agg. 1. della psiche, che ha attinenza con la psiche; non corporeo, non fisico. Psiche: s.f. in psicologia il centro delle attività sensitive, affettive e mentali di un determinato essere senziente.

psichiatrico, agg. che riguarda la psichiatria - Psichiatria: parte della medicina che studia e si propone di curare le malattie mentali.

salute (mentale) - stato dell'organismo non affetto da malattie.

Psichico o mentale?

Nel caso del termine psichico va chiarito che molto spesso con questo termine vengono indicate persone che presentano i problemi più svariati, come ad es.: alcolismo, tossicodipendenze, ritardi mentali, ecc. per quanto più completo il termine sembra non definire correttamente il problema

Sembrerebbe a questo punto che il termine più corretto sia malattia (o patologia) mentale che lo psichiatra ama spesso definire con termine sovrapponibile "psichiatrica" che, se diagnosticata da uno psicologo può diventare "psicopatologia". Queste considerazioni probabilmente si possono scontrare con chi, nel corso degli ultimi anni, si è particolarmente attivato per adottare nuovi ed inappropriati termini allo scopo di "nascondere e negare" la malattia mentale invece di farla conoscere ed insegnare a tutti noi come vivere insieme alle persone che ne sono affette.

La diagnosi

Infine si riscontra che solitamente i comportamenti inadeguati tipici della malattia mentale vengono riconosciuti in primo luogo dai familiari e dalle persone che vivono vicino al malato (perché proprio di malato si tratta) il quale proprio per la definizione della stessa patologia, è portato a sottostimare, se non a mascherare e addirittura negare il suo problema per cui i "malati" sono sempre gli altri.

 

Ciò rende difficile l'iter diagnostico e i conseguenti interventi terapeutici. Infatti condizione essenziale per poter iniziare un programma terapeutico, sia esso individuale, familiare o multifamiliare, è il riconoscersi malato, quindi bisognoso di cure e disponibile ad impegnarsi in un rapporto terapeutico. Il paziente, ed in certi casi anche i suoi familiari, ha comunque il diritto a sapere di quale malattia soffre anche se le conclusioni diagnostiche cui il clinico è arrivato, vanno comunicate evitando di esprimere solamente 'una etichetta', ma curando di fornire anche informazioni sulla natura, le cause ed il decorso della malattia, sfatando comuni pregiudizi e correggendo eventuali conoscenze errate sulla malattia mentale. Solitamente la cura è sempre decisa solo dopo gli accertamenti diagnostici ed è sempre subordinata al loro esito. Non sempre però le cure portano ai risultati sperati, particolarmente da parte dei familiari, i primi a riconoscere nel proprio congiunto che qualcosa è cambiato rispetto a prima nel suo modo di agire e parlare. Ciò può succedere quando le cure predisposte non corrispondono alla diagnosi e la diagnosi, quando c'è, non corrisponde all'effettiva gravità della sintomatologia presente, quasi per evitare di danneggiare la persona marchiandola con etichette diagnostiche che possono. spaventare.

La diagnosi è difficile da accettare

Infatti psicoterapeuti e psichiatri sanno bene che certi pazienti (di norma inviati in osservazione clinica sempre dai loro familiari, preoccupati per evidenti cambiamenti dell'umore o del carattere), pur riconoscendo anche di avere dei disturbi, non accettano la diagnosi proposta, soprattutto se questa riguarda patologie importanti oppure se viene espressa, con nomi convenzionali propri della classificazione psichiatrica internazionale, che possono suonare come poco gradevoli al senso comune.

In questi casi succede solitamente che la persona o gli stessi familiari si rivolgono successivamente ad altri specialisti nella speranza di ricevere un referto più gradevole, quindi più accettabile. Infatti clinici più disponibili alla captatio benevolentiae o evitano 'etichette diagnostiche' con la diffusa giustificazione che "una persona non si etichetta" (ciò stranamente viene fatto però solo per psicopatologie non già per tutti gli altri numerosissimi disturbi o malattie organiche per cui si dice e anche si scrive chiaramente "bronchite asmatica", "artrite reumatoide" o "psoriasi", tanto per fare qualche esempio) oppure si limitano ad un referto generico e anodino (come ad esempio può essere "depressione" o più comunemente "sindrome ansioso-depressiva"), spesso solo verbale, comunque non inquadrabile scientificamente in una classificazione diagnostica ufficiale.

Le conseguenze

L'esperienza clinica inoltre insegna che la persona che non accetta di avere una determinata malattia evita la cura specifica, interpreta momenti di apparente benessere come guarigione, rimanda, peggiora col tempo e non risolve il suo problema, in quanto non è convinta di essere malata, quindi da curare.

In tanti casi, infine, una delle caratteristiche più evidenti di un importante disturbo diagnosticato come può esserlo quello attinente ad una "malattia mentale" è proprio la non accettazione del referto da parte del paziente, condizione nota ai clinici con il nome di "anosognosia".