Una forma di addestramento o meglio educazione per famiglie che ha ottenuto molta attenzione negli anni recenti è costituita dalla EE (Emotività Espressa). Ha avuto origine negli ani '60 in Inghilterra dove si osservò che alcuni pazienti affetti da schizofrenia ricaddero nella malattia quando fecero ritorno nelle loro famiglie. Oltre a queste osservazioni furono effettuati una serie di studi per tentare di identificare nelle famiglie quali fossero le caratteristiche capaci di produrre una simile risposta.
Queste caratteristiche inclusero i seguenti comportamenti: essere critici, ostili, ipercoinvolti e ecccesso di identificazione con il membro della famiglia ammalato; intrusivi e altamente espressivi delle proprie emozioni (ndr: in pratica esibire in eccesso le proprie emozioni è un fatto negativo).
Una mamma di un paziente con un'alto tasso di Emotività Espressa (EE) dice cose del tipo: "Gianni, sembri uno zingaro, perchè non ti cambi mai vestiti? Per me è molto imbarazzante vederti così..." (ndr: si tratta di osservazioni che qualsiasi madre in un normale contesto fa al proprio figlio!).
Invece nella medesima situazione una mamma con bassa EE direbbe: "Gianni, probabilmente ti sentiresti meglio se tu indossassi dei nuovi vestiti puliti!":
Il corollario che segue dalla ricerca effettuata sulla EE è che le famiglie che esibiscono tali caratteristiche possono essere educate ad essere meno critiche, meno coinvolte, ecc. e che quando questo avviene i membri della famiglia affetti da schizofrenia hanno meno probabilità di ricadute.
Come descritto da uno dei maggiori ricercatori in questo campo, il tasso di ricaduta può essere abbassato "insegnando ai pazienti e alle loro famiglie metodi appropriati per affrontare gli eventi stressanti e cambiando abitudini dei familiari-chiave, andando nella direzione di magggior supporto, meno critiche distruttive e meno coinvolgimento emozionale".
A prima vista le ricerche sulla emotività espressa sembrano abbastanza ragionevoli. Ma dopo una attenta osservazione questa ricerca e teoria - secondo il dr. F. Torrey con il quale ci troviamo d'accordo, presenta dei punti anomali.
Sorpresa
Dato che si sa che le difficoltà delle persone affette da schizofrenia, di tipo sensoriali a stimoli e messaggi (cosa nota già da molti anni), non è affatto sorprendente giungere alla conclusione che le critiche, l'ostilità e ipercoinvolgimento delle persone a contatto possono influenzare il paziente. La principale tesi della ricerca sulla EE, sembra essere in breve auto-evidente; desta sorpresa il fatto che quindi molti ricercatori abbiano offerto così tanta attenzione a un teorema che si dimostra così ovvio. Nel 1985 ad esempio il NIMH (Istituto Nazionale per la salute mentale degli Usa) ha finanziato queste ricerche per 687,000 dollari e durante gli anni seguenti quattro nuovi libri sono stati pubblicati sull'argomento.
Scetticismo
Date tutte le ore e risorse destginate a studiare l'EE e ad isegnare ai familiari come essere più tolleranti, comportarsi, ecc. è difficile immaginare che le scoperte legate alla EE possano essere di interesse accademico. Infatti la compliance (disponibilità al trattamento) ai farmaci resta essere il principale motivo che determina nuove ricadute e ne aumenta i tassi. Metà delle energie sono state destinate ad istruire i familiari sulla alta EE mentre gli stessi non sono stati aiutati ad affrontare problemi gravi come quello della compliance ai farmaci, che produce molte più ricadute di quante ne siano state dimostrate attraverso gli studi sulla EE.
Rimane il problema metodologico seguito dai ricercatori sulla EE, come ad esempio il rapporto causa-effetto: sono gli elevati tassi di EE che producono una ricaduta o le caratteristiche di alcuni pazienti a provocare l'EE?!?
Sospetto
Sebbene molti ricercatori sono convinti che la causa della schizofrenia non risieda nelle famiglie e loro comportamenti, molti di essi però non la pensano allo stesso modo. Il dr. M.J, Goldstein della Università della California - Los Angeles, uno dei maggiori ricercatori nel campo della EE ha terminato una ricerca su un gruppo di ragazzi adolescenti che lui annuncia "forniscono una prova che gli attributi familiari misurati durante l'adolescenza sono associato a una susseguente presenza di schizofrenia o di disturbi ad essa correlati non appena essi fanno ingresso nella prima giovinezza o diventano adulti". In altre parole la famiglia causa la schizofrenia.
Nel The New York Times Goldstein è stato citato per aver annunciato che "i genitori di questi bambini sono coinvolti in un tipo di assassinio del loro carattere".
Queste affermazioni fanno sì che le famiglie di persone affette da schizofrenia guardini con inevitabile sospetto a simili teorie e ricerche sulla EE. Si dovrebbero chiedere anche se una simile teoria è ristretta o sostenuta dal solo Gregory Bateson (colui che ha formulato la teoria del doppio-legame, ripresa poi da Franco Basaglia e dal mondo italiano dell'antipsichiatria, vedasi anche Cancrini et al nei continui richiami al doppio legame nel testo "Verso una teoria sulla schizofrenia").
Quale è allora il ruolo della EE nella schizofrenia? le persone affette da dschizofrenia si trovano a proprio agio e hanno un maggior rendimento quando colloquiano con altre persone che stanno calme e comunicano in modo chiaro e diretto. Le giuste attitudini per far questo son oil senso dello humor, l'accettazione della malattia, l'equilibrio familiare e aspettative che siano realistiche in antitesi ad emozioni espresse con tassi elevati; allo stesso modo le famiglie che riescono a controllare le proprie emozioni non devono preoccuparsi di questo problema e di quelli da esso derivanti.
Che dire allora della consulenza sulla "terapia familiare" che aiuta le famiglie a imparare a vivere con questa malattia? Se le famiglie desiderano cercare un simile aiuto da un servizio di salute mentale o professionista devono sapere che questo può tornare utile in diverse circostanze.
La famiglia però deve porre molta attenzione, comunque, al medico psichiatra o psicologo che deve effettuare una simile terapia o meglio istruzione. Infatti questi deve stabilire un rapporto che non deve produrre solo sensi di colpa o incolpare i membri della famiglia. I familiari infatti hanno bisogno estremo di imparare a convivere con il paziente ed affrontare i problemi quotidiani che si presentano, in una situazione che di per sè è già molto difficile e non necessitano di essere "trattati" (come fossero anche loro dei pazienti) bensì di essere "istruiti" a risolvere i loro probemi; è lo stesso tipo di informazione diretta a familiari di persone affette da altre malattie come la sclerosi multipla, il cancro, la poliomelite, diabete grave e via così; questi ultimi certamente non vengono incolpati d'essere la causa della malattia.