CSM di Latisana: un modello inadeguato

Il Centro di Latisana in una recente foto

Nella cittadina di Latisana, a Sud di Udine e al confine con il Veneto è situato un Centro di Salute Mentale, in un'area che copre oltre una decina di comuni dove vivono 50mila anime circa.

Qui si avvertono da tempo e con intensità le influenze del nuovo corso ispirato a Basaglia; il Centro fa capo al Dipartimento di Palmanova (UD), diretto dal Dott. Bertoli, distante una trentina di chilometri. Ha una storia del tutto curiosa,  verrebbe da dire anomala, ma qui l'anormalità si confonde e  non poco con la normalità e il quotidiano.

Breve storia del Centro

Il Centro è sorto poco dopo la promulgazione della legge 180, nei primi anni '80 ed era situato in via Zorutti, costituito da piccole ed anguste stanze con qualche infermiere e un medico; un ambulatorio psichiatrico dal quale non era semplice ottenere una visita domiciliare, vero dispensario di medicine e psicofarmaci.

Così è andata avanti per circa 10 anni fino alla nomina del Dott. Tesei a direttore del Dipartimento, che pur tra  le critiche e difficoltà fece qualcosa di nuovo. Il Centro si traferì nel 1989 in via Sabbionera, ospitato in un'ala del locale Ospedale Civile, con ingresso proprio come si nota dalla foto in alto a destra.

Dal 1990  il Centro ha avuto un momento "fortunato". Grazie al dott. Tesei si avviarono le prime attività riabilitative, e nel corso di qualche anno i pazienti che si recavano lì potevano accedere a dei servizi riabilitativi. C'era  una piccola cucina che rendeva l'ambiente un po' familiare,  un salotto per  le riunioni nel quale si tenevano feste a Natale e Pasqua;  i familiari si riunivano tra di loro fornendo idee per migliorare i servizi.

Verso il 1994 gli spazi aumentatono e il Centro ebbe altre 8 stanze in più; l'idea era di utilizzarle per laboratori e posti letto a permanenza temporanea. Queste attività riabilitative erano rivolte solo ad una certa parte degli utenti che ivi si recavano per assumere la terapia. Altri  pazienti continuavano comunque a sottrarsi alle cure rifiutando di partecipare ai progetti di riabilitazione; altri ancora invece seguivano qualche borsa lavoro in enti pubblici o cooperativa.

Cosicchè per curare intensivamente i pazienti reputati più gravi a quel tempo si pensò di attivare una nuova struttura di tipo "A", residenziale e il Comune di Ronchis offrì la disponibilità affidando in comodato gratuito una casa abbastanza ampia da ospitare circa una decina di pazienti, tutto questo fino al 1995 circa. Di lì a poco il dott. Tesei lasciò la direzione del Centro per andare in pensione.

L'arrivo di A. Righetti e la fine delle strutture residenziali di tipo A

Dal 1996-1997 subentra il dott. Angelo Righetti, promotore di idee che qui definiamo  a di poco inconsuete.

La prima mossa di Righetti consiste infatti nel chiudere la struttura di tipo "A", aperta dopo tanti anni di sforzi e sofferenze da parte dei familiari, per sostituirla con un set di strutture esclusivamente di tipo "B" (solo riabilitative).

Accenniamo solamente a quanto è seguito: è fallita costituzione di un albergo a Grado chiamato "dei matti"; il Dipartimento è stato scosso da alcune gravi vicende giudiziarie ed infine si è giunti alla costituzione delle piccole "osterie riabilitative". In queste strutture il paziente (consenziente) ha un ruolo molto limitato e spesso di sola ospitalità; in alcuni casi comunque sono stati notati dei miglioramenti.

Anni di vuoto e soli ambulatori

Il dr. A. Righetti lascia nel 1998 e negli anni seguire e fino al 2000 c'è un vuoto tremendo. La struttura residenziale di Ronchis viene gestita da una cooperativa esterna alla USL senza alcuna destinazione ai pazienti del luogo. Le ammissioni sono riservate a quelli che arrivano dalle regioni vicine.

C'e' una forte riduzione delle visite domiciliari e tutte le attività al Centro sono chiuse o diradate per mancanza di personale. Le riunioni  di familiari non ci sono più, il Centro sembra tornato a quello che era negli anni '80: un semplice dispensario di farmaci.

Il nuovo corso: 2001-2005

Nuovi operatori subentrano e dichiarano di essere disposti a applicare totalmente i princìpi dello psichiatra Righetti. Dal  2001 il nuovo responsabile del Centro è il dott. Bosio che considera il Centro alla stregua una "istituzione da superare" piuttosto che una realtà giustamente da difendere.

Così negli anni successivi i pazienti più bisognosi ed invalidi anche al 100%, ci riferiamo notoriamente a quelle persone che rifiutano sistematicamente ogni approccio terapeutico o eludono le cure,  sono tornati a carico esclusivo della famiglia o vissuto nel territorio versando in evidenti difficoltà.

Una  nota di merito va al prezioso intervento del servizio socio-assistenziale del distretto che si è fatto carico di questi disagi, con limiti e difficoltà, perchè svolge attività è assistenziale e non sanitaria.

L'intera riabilitazione al privato sociale

Arriviamo al 2005 e si scoprono le carte; al termine dell'anno il Centro perde ulteriormente un'ala che conteneva la cucina, alcuni uffici, un'ampia sala destinata alle riunioni e attività riabilitative per i pazienti e altre quattro stanze, nonchè attrezzature per svariati milioni di lire sono finite in magazzino.

Tutto questo avviene in ossequio alla "istituzione da superare" e con il consenso degli operatori. Va in frantumi così l'idea che aveva il dott. Tesei, cioè di ampliare il Centro inserendo dei posti letto per pazienti che si trovano in difficoltà temporanee: ricordiamo che ad alcuni vengono somministrati dei farmaci potenti e camminano del tutto "smarriti" altri avrebbero bisogno di una struttura di accoglimento ai sensi della legge 180 almeno per qualche giorno... E' lo stesso Tesei che riassorbe parte dell'utenza perchè ormai in pensione apre uno studio privato situato guardacaso proprio a Latisana.

Il visitatore si chiederà dove vengono oggi svolte le attività riabilitative; in ossequio a questo "strano modello" di applicazione della legge 180 (la quale tutto permette di fare e di distruggere nè prevede precisi standards). Le attività riabilitative dovrebbero essere garantite dalla struttura.

 Si tratta di un piccolo negozio in viale della Stazione a Latisana, in pieno centro, posto sotto un condominio, gestito dalla coperativa "Epoche" che con un appalto ha ottenuto la gestione di tutte le competenze riabilitative del Centro. E' frequentato da un paio di persone che svolgono piccoli lavori di bricolage e bigiotteria,  poi messi in vendita. E' composto da una piccola stanza con un tavolo dove si scorge una persona intenta a dipingere qualcosa. Una vetrina e più dietro un'altra piccola stanza semivuota con grande con un tavolo al centro completano lo spazio.

Strutture come questa - ovviamente - accendono le fantasie dei familiari meno rassegnati e affamati di guarigione del proprio caro e da essi vengono propugnate e sostenute. Essi dovrebbero capire  non tutti i pazienti sono uguali: esistono anche quelli che non si recano in alcuna struttura riabilitativa perchè causa la loro patologia non si rendono bene conto delle loro esigenze di salute e rifiutano le cure.

La struttura a nostro avviso non è in grado di garantire le preziose attività di recupero svolte in precedenza dal Centro. Il Centro non dispone più di posti letto nè esiste una qualche forma di riabilitazione intensiva. Servirebbero animatori, infermieri con esperienza, psicoterapeuti ed altro personale specializzato che qui non esiste.

Le "Epoche" ha fatto epoca?

Non ce  ne vogliamo poi i familiari delle persone che frequentano questa minuscola struttura, la quale ha sicuramente un valore positivo per riabilitare quelle pochissime persone che la frequentano..

 A chi pensa che la struttura in oggetto andrebbe ampliata e sostenuta per curare e trattare i pazienti che non rispondono ai trattamenti chiediamo  di ripercorrere mentalmente tutta la storia dei servizi fin qui pubblicata.

Riflessioni

  • la legge 180 prevede l'accoglimento in strutture residenziali e semiresidenziali: perchè qui sono state chiuse?

  • perchè non si avviano strutture dove effettuare interventi intensivi e mirati per le persone che eludono le cure, le rifiutano sistematicamente o sono resistenti ai trattamenti farmacologici?

  • Un recente articolo ARASAM - Roma, pubblicato su  ed intitolato "Psichiatria: Ricovero E Semiricovero Vincenti Per Cure" afferma che: "Il ricovero e il regime di semiricovero per curare i pazienti psichiatrici sono sistemi che consentono di ottenere buoni risultati di guarigione perche' permettono di ''costruire un rapporto forte con i pazienti''. Perchè qui in Friuli non si recepiscono simili idee? E ancora: perchè le locali associazioni dei familiari non li sposano pur facendo riferimento alla medesima organizzazione nazionale?

  • il paziente Friulano è diverso da quello di Roma? Godono tutti due dei medesimi diritti di accesso alle cure?

  • i pazienti di "vecchia data" ammalati dagli anni '80 come vanno assistiti? Vanno solo aiutati a stare a casa loro?

  • Che fine faranno questi pazienti? E' noto che già parte di essi, vittime della mancata applicazione della legge 180, sono peggiorati e difficilmente recuperabili. Per alcuni di essi, come in altre realtà, si prospetta la casa di riposo ... quando non hanno nemmeno compiuto 50 anni!

Conclusioni

Le persone più bisognose che non frequentano questo tipo di strutture sono escluse da percorsi riabilitativi e paradossalmente seguono solo trattamenti farmacologici.

Hanno diritto alla riabilitazione come per i pazienti meno gravi, diritto ad accedere alle cure e opportunità di vita offerte.

Esse dovrebbero  essere addestrate a riacquisire le abilità perdute per far fronte al quotidiano, ed invece sono fortemente penalizzate da questo modello riabilitativo che mettiamo in discussione proprio perchè non risponde alle loro esigenze.