Il TSO non è una cura, l'abbandono territoriale può essere un fattore chiave

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L’aumento dei Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO) a Trieste ha acceso un dibattito sulle cause e sulle possibili soluzioni. La lettura della dott.ssa Alessandra Oretti, direttrice del Servizio Diagnosi e Cura, non considera un aspetto fondamentale: il possibile abbandono dei pazienti sul territorio.

La dottoressa Alessandra Oretti, direttrice del servizio psichiatrico di diagnosi e cura,  evidenzia come l’aumento dei TSO sia legato a una maggiore complessità dei casi e a un incremento della durata dei trattamenti, in un contesto di crescente disagio sociale.

Tuttavia, questa lettura non considera un aspetto fondamentale: il possibile abbandono dei pazienti sul territorio e l’insufficienza dei servizi di salute mentale nel prevenire situazioni di crisi tali da rendere necessario un TSO.

    1. Il TSO non è una cura, ma un intervento d’urgenza Il TSO è una misura eccezionale, pensata per gestire situazioni di emergenza in cui una persona rifiuta le cure pur essendone in evidente bisogno. Tuttavia, il fatto che si ricorra  a questa procedura suggerisce che il sistema di assistenza territoriale non sta funzionando a dovere nella prevenzione delle crisi. Se il trattamento fosse efficace e continuo, non si arriverebbe alla necessità di un ricovero coatto.
    2. L’abbandono territoriale come fattore chiave La dottoressa Oretti stessa riconosce che la maggior parte delle persone sottoposte a TSO sono già in carico ai servizi, ma hanno interrotto il rapporto di cura in momenti critici. Questo solleva un interrogativo importante: perché avviene questa interruzione? Potrebbe essere indice di una carenza di assistenza capillare e tempestiva, che lasci i pazienti senza il supporto necessario per evitare il precipitare delle loro condizioni.
    3. Interpretazione alternativa dei dati. Il dato della polizia locale, che registra un raddoppio dei TSO tra il 2023 e il 2024, viene considerato nel suo intervento con la precisazione che il numero effettivo di pazienti sia rimasto pressoché stabile, mentre sono aumentati i rinnovi. Ma un aumento dei rinnovi indica comunque un aggravamento delle situazioni cliniche e una difficoltà a stabilizzare i pazienti, cosa che potrebbe essere evitata con un’assistenza territoriale più strutturata ed efficace.
    4. TSO e disagio sociale Lei collega l’aumento del TSO a un incremento del disagio sociale, della rabbia e della frustrazione nella società. Questa considerazione è certamente condivisibile, ma non spiega perché il sistema sanitario non riesca a intercettare questo disagio prima che sfoci in una crisi tale da richiedere un trattamento obbligatorio. Un servizio di salute mentale realmente efficace dovrebbe intervenire prima della fase acuta, evitando di dover ricorrere a strumenti coercitivi.

In conclusione, se da un lato è vero che il TSO è una misura prevista dalla legge 180, ma è non una cura, è un intervento eccezionale, dall’altro il suo aumento non può essere letto esclusivamente come segnale di maggiore complessità dei casi, bensì anche come un campanello d’allarme sullo stato dei servizi di salute mentale territoriali.

Un rafforzamento delle politiche di prevenzione, una maggiore accessibilità alle cure e un supporto più costante potrebbero ridurre al minimo la necessità del TSO, garantendo ai pazienti percorsi di cura meno traumatici e più efficaci.

Lo Presti Cosimo
presidente FISAM (Unione Nazionale Associazioni Italiane per la Salute Mentale – o.n.l.u.s.)