Lo stato dei servizi Psichiatrici in Valle d'Aosta

Relazione del Trentino - Audizione XII Commissone, gennaio 2006

Relazione della Valle d'Aosta

La Valle d’Aosta ha circa 100.000 abitanti, sparsi su un territorio costituito da  una valle centrale con una densità di popolazione maggiore e numerose valli laterali. La distribuzione della popolazione in questo contesto geografico rende più difficile  ed onerosa sia  l’assistenza sanitaria che socio-sanitaria.

Nei piani sociosanitari della Valle d’Aosta, in particolare a partire dal piano 2001-2003 e successivi troviamo le indicazioni delle risorse e delle azioni  necessarie per  dare alla popolazione un’adeguata rete di servizi sanitari e socio-assistenziali  in ambito psichiatrico.

La Valle d’Aosta comprende un’unica Azienda sanitaria, denominata Unità Sanitaria Locale della  Valle d’Aosta, nella quale opera un  Dipartimento di Salute mentale.

Le strutture esistenti  sono:

  • Il reparto psichiatrico (18 posti-letto), struttura ospedaliera  in ristrutturazione da tempo.
  • Un day hospital  (8 posti-letto) annesso al reparto ospedaliero. attualmente ancora sacrificato a causa della ristrutturazione
  • Il Centro di salute mentale, costituito dagli ambulatori situati nella stessa sede ospedaliera. I Medici psichiatri sono presenti durante la settimana nei Consultori di Aosta, nelle sedi dei quattro distretti in cui è suddivisa la Regione e in alcuni consultori periferici
  • Due comunità protette, per circa 30 posti-letto, di norma tutti occupati. Un numero uguale di utenti sono ancora ospiti delle Comunità piemontesi e in alcuni casi si ricorre ancora all’inserimento in queste comunità. Un’altra Comunità è in fase di realizzazione.
  • Due gruppi appartamento, per un totale di 8 posti. Una comunità alloggio per 6 posti è in fase di realizzazione.
  • L’assenza di Centri diurni è attualmente la carenza più evidente nell’insieme delle strutture residenziali e semiresidenziali.

Assistenza alla famiglia

I servizi  domiciliari offerti alle numerose famiglie con  malati psichici sono ancora insufficienti. Ad Aosta è stato attivato un servizio infermieristico domiciliare, inesistente nel resto della regione ed ancora insufficiente nel capoluogo. La DI.A.PSI. ritiene prioritario assicurare tale servizio a tutti gli utenti della regione

Data la peculiarità della malattia mentale, solo in alcuni casi  il ricorso ai servizi  domiciliari per  disabili e anziani offre un sostegno efficace alla famiglia, anche per la mancanza di formazione specifica degli operatori , per mancanza di informazione e sostegno dei familiari e per carenza di coordinamento tra gli operatori (medici,infermieri, psicologi, assistenti sociali, educatori).

Solo ad Aosta,  una cooperativa sociale con formazione specifica gestisce il servizio domiciliare dei pazienti psichiatrici, con risultati soddisfacenti.

Un servizio di educativa territoriale sperimentale in tutta la regione, gestito dalla stessa cooperativa ha dato risultati incoraggianti e la DI.A.PSI. ha chiesto che diventi continuativo.

A causa dell’assenza dei Centri diurni mancano le attività occupazionali e risocializzanti, tranne sporadici casi..
L’ inserimento lavorativo  è spesso un’utopia e gli sbocchi occupazionali dopo i corsi organizzati dall’Agenzia del lavoro non si concretizzano quasi mai.
L’informazione specifica rivolta alla popolazione e alle famiglie e è scarsamente attuata.
In questo campo la DI.A.PSI. opera con conferenze pubbliche, interventi mediante i mass media,
un “Centro di ascolto dei familiari”, dei corsi psico-educazionali per familiari  e la formazione di volontari per l’accompagnamento dei malati.

Dall’esperienza della nostra Associazione, possiamo evidenziare come si presentino con frequenza le seguenti situazioni, simili in tutta Italia.

  •  Il paziente non viene curato perché non consenziente, in quanto non cosciente della sua malattia. Malgrado la richiesta di aiuto della famiglia, i medici non intervengono perché nella normativa vigente non c’è l’obbligo della presa in carico domiciliare. Vige ancora spesso l’atteggiamento passivo, di attesa che il paziente  si rechi presso gli ambulatori del DSM.
  • Gli ammalati, pur presi in carico in qualche modo e sottoposti a terapia farmacologica, restano a totale carico della famiglia per  giorni e anni , con grave disagio per il malato e per la famiglia stessa. Il rapporto malato/famiglia è complesso e quasi sempre la famiglia, abbandonata a se stessa, non è terapeutica.
  • Gli ammalati non seguiti dalle famiglie spesso sono abbandonati a loro stessi, senza dimora o incapaci di gestirsi, rifiutati da tutti e drammaticamente soli.
  • La famiglia richiede attività occupazionali e risocializzanti, ora inesistenti. L’impossibilità  di accedere a servizi semiresidenziali  o residenziali  acuisce le tensioni al suo interno in quanto non si intravede  alcuna possibilità di  instaurare un rapporto sostenibile col paziente.
  • La famiglia e il malato chiedono un inserimento lavorativo. I percorsi ed i corsi di formazione per disabili, pur aperti  ai malati psichici, non servono quasi mai, in quanto il malato psichico necessita di un lavoro con un sostegno continuo. D’altronde, questo vale per tutti gli atti della sua vita. Solo in questo modo si sostiene l’autosufficienza e si evita il peggioramento delle condizioni del malato.

Per  poter dare delle risposte più adeguate a questi ed altri bisogni  dei malati e delle loro famiglie, aderiamo alla FISAM e abbiamo partecipato alla stesura del documento che ora vi sottoponiamo.  .
Siamo anche favorevoli ad una revisione in senso migliorativo della legge 180.

Naturalmente, vogliamo salvaguardarne i principi fondamentali, che sono:

  •  Il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
  • Tutte le fasi di Assistenza psichiatrica devono restare di competenza del Servizio sanitario nazionale
  • L’orientamento territoriale dell’assistenza psichiatrica.

Ma vogliamo anche  ribadire alcuni punti:

  • Il diritto alle cure per tutti i malati psichici, particolarmente per quelli inconsapevoli e non collaboranti. Con  un progetto terapeutico personalizzato e con la collaborazione della famiglia.
  • La  revisione del concetto di TSO. Da strumento di sola costrizione della volontà del paziente, a  obbligo per gli operatori di ricercare, malgrado gli insuccessi, le vie terapeutiche più adeguate.
  • La creazione effettiva di sostegno residenziale  con tipologie diverse.
  • L’obbligo di operare controlli non autoreferenti sull’attuazione dei servizi,  e in particolare, sulla loro qualità. La previsione di sanzioni anche penali per le inadempienze.
  • Infine, ma non meno importante, i finanziamenti devono essere adeguati. Si è parlato in questi anni del 5%del bilancio sanitario, mai raggiunto, ma non è sufficiente. Oltre alle strutture, si deve tener presente la pluralità delle professionalità necessarie per assicurare un progetto di vita accettabile per il paziente e per la sua famiglia

Di.A.Psi. Valle d'Aosta
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