Introduzione: Legge 180, luci e ombre

Nessuno sogna di riaprire la stagione dei manicomi, che sarebbe un incubo, sogniamo una stagione di cura, perché la 180 abbandona le famiglie che hanno malati mentali, le lascia sole”.

    
On. FRANCESCO STORACE
MINISTRO DELLA SALUTE

 

 “Credo che sia giunta l’ora di mettere mano alla legge 180, perché si tratta di dare una prospettiva di sicurezza alle famiglie. 

Non metto in discussione l’impalcatura della legge, ma probabilmente ci sono cose che trent’anni dopo vanno ridiscusse.
Nessuno sogna di riaprire la stagione dei manicomi, che sarebbe un incubo, sogniamo una stagione di cura, perché la 180 abbandona le famiglie che hanno malati mentali, le lascia sole
”.


On. Francesco Storace
Ministro della Salute

 

LEGGE 180: LUCI ED OMBRE

Dopo oltre 25 anni di bombardamento mediatico, praticamente a senso unico, conosciamo perfettamente tutte le luci di questa legge tanto imperfetta.

Le ombre viceversa hanno imparato a conoscerle, direttamente sulla propria pelle, quasi esclusivamente i malati di mente passati, senza via di mezzo, dalla reclusione all’abbandono, e le loro famiglie, lasciate sole con i propri insostenibili problemi.

Vi è un disperato bisogno di una normativa chiara ed univoca che sappia contemperare il diritto alla libertà con il diritto alla salute e alle cure del malato di mente grave, perché alle disperate richieste di aiuto dei familiari o di chi evidenzia onestamente i limiti di questa legge, fino ad oggi, i loro ideatori e sostenitori, incapaci di fare autocritica, di fare i conti con la storia, di imparare dai fatti e dagli errori, non hanno ritenuto di adottare le necessarie modifiche, ma viceversa hanno criminalizzato chi sentiva questo dovere bollandolo come un nostalgico dei manicomi o peggio ancora adducendo la tesi pretestuosa che i problemi non nascevano dai limiti e dalle contraddizioni della “180”, ma dalla sua mancata attuazione. Per tali motivi, per anni agli appelli, alle proteste, alle denunce dei familiari, sulle cui fragili spalle era stato scaricato il peso, spesso insostenibile, dell’assistenza di questi pazienti, fu opposto un muro di silenzio che è tempo di superare. 

GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

Alla salute mentale è stata dedicata la Giornata Mondiale del Malato (11 febbraio 2006) che Papa Benedetto XVI ha definito “un’opportuna circostanza per esprimere solidarietà alle famiglie che hanno a carico persone malate di mente”. In molte parti del mondo scrive il Papa, “i servizi per questi malati risultano carenti, insufficienti o in stato di disfacimento. Il contesto sociale non sempre accetta i malati di mente con le loro limitazioni, e anche per questo si registrano difficoltà nel reperire le risorse umane e finanziarie di cui c’è bisogno.  Si avverte la necessità di meglio integrare il binomio terapia appropriata e sensibilià nuova di fronte al disagio, così da permettere agli operatori del settore di andare incontro più efficacemente a quei malati e alle famiglie, le quali da sole non sarebbero in grado di seguire adeguatamente i congiunti in difficoltà”. 

Un energico richiamo quindi all’opinione pubblica “sui problemi connessi col disagio mentale, che colpisce ormai un quinto dell’umanità e costituisce un vera e propria emergenza sanitaria”.


Benedetto XVI

 

Gli errori della “180”


“l’abbandono dei deboli, degli indifesi, esempio di disumanità, di profondo cinismo … esempio di chi non conosce la pietà”

 

Testo integrale del primo e secondo articolo:


“Art. 33
(Norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari e obbligatori)
Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari.
Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori, secondo l’articolo 32 della Costituzione, nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.
Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del sindaco nella qualità di autorità sanitaria, su proposta motivata di un medico.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono attuati dai presidi e servizi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato. L’unità sanitaria locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando le iniziative di prevenzione e di educazione sanitaria ed i rapporti organici tra servizi e comunità.
Nel corso del trattamento sanitario obbligatorio, l’infermo ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno.
Chiunque può rivolgere al sindaco richiesta di revoca o di modifica del provvedimento con il quale è stato disposto o prolungato il trattamento sanitario obbligatorio.
Sulle richieste di revoca o di modifica il sindaco decide entro dieci giorni. I provvedimenti di revoca o di modifica sono adottati con lo stesso procedimento del provvedimento revocato o modificato”.
“Art. 34
(Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori per malattia mentale)
La legge regionale, nell’ambito dell’unità sanitaria locale e nel complesso dei servizi generali per la tutela della salute, disciplina l’istituzione di servizi a struttura dipartimentale che svolgono funzioni preventive, curative e riabilitative relative alla salute mentale.
Le misure di cui al secondo comma dell’articolo precedente possono essere disposte nei confronti di persone affette da malattia mentale.
Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai servizi e presidi territoriali extraospedalieri di cui al primo comma .
Il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere. Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui al terzo comma dell’articolo 33 da parte di un medico dell’unità sanitaria locale e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel presente comma.

Commento:

1) Sicuramente il più grave difetto della legge 180 è il modo superficiale e contraddittorio con cui viene affrontato il delicato e serissimo problema dei trattamenti sanitari obbligatori nei malati di mente.
Esso in base all’art. 33 viene descritto come un atto responsabile sul quale il sindaco è chiamato a pronunciarsi, senza però spiegare quali strumenti e quale preparazione abbia per farlo il primo cittadino di un piccolo o grande paese.
2) Secondo aspetto della questione è il problema della pericolosità del malato, problema che è reale in un certo numero di casi e che è completamente rimosso nella legge 180, per cui i rischi specifici di pericolosità vengono demandati agli organi preposti istituzionalmente alla prevenzione e alla repressione di fatti-reati, cioè forze dell’ordine e magistratura, ritenendosi così impropriamente che il reato commesso da persona sofferente di disturbi psichici non è diverso, per quanto riguarda l’aspetto preventivo e repressivo, dal reato commesso da qualsiasi altro cittadino.
Cioè il deterrente atto a scoraggiare e prevenire un reato in una persona sana sarebbe altrettanto efficace in un grave paziente psichiatrico.
E non solo, cià vorrebbe anche dire che la malattia non influisce sulla sua capacità di intendere e di volere del malato rispetto alla sua determinazione a commettere un reato: ma ciò è in totale contraddizione con quanto prevede il nostro codice penale !
Demagogicamente con la legge 180 si fa finta di credere che il malato di mente grave è altrettanto libero e responsabile quanto una persona sana, per riscoprire improvvisamente che non lo è soltanto dopo che ha commesso un reato, quando gli si applicano le norme del nostro codice penale.
Quindi il problema concreto che non trova una soluzione nella “180” si può riassumere in una sola domanda:
Esiste una patologia psichiatrica di tale gravità da compromettere la capacità di agire, di autodeterminarsi liberamente di un un paziente?
Se la risposta è affermativa il proprio rifiuto di accettare le terapie necessarie non va inquadrato nel diritto inlienabile alla libera autodeterminazione, ma non è che un sintomo della malattia che della sua libertà lo ha già alienato, privandolo della capacità di autotutelarsi nella difesa della propria salute.
Per non lasciarlo vittima della sua malattia e dei conseguenti rischi, è necessario che qualcuno si assuma il compito della tutela del suo diritto costituzionale alla salute.
Una modifica della legge N° 180 che non affronti questo problema chiave o che lo faccia in modo parziale, con insufficiente chiarezza e coerenza nell’individuare diritti e doveri di ognuno, lascerebbe parenti, terapeuti e collettività nell’attuale stato di impotenza ad aiutare efficacemente e in modo duraturo quei pazienti più gravi, che negano la malattia e rifiutano di proseguire le terapie necessarie per evitare le ricadute.
Quindi in sintesi:
1) la “180” dice solo ciò che non si può fare, ma non ha saputo né dire, né realizzare quello che si poteva o doveva fare al posto del vecchio;
2) il malato di mente proprio perché tale non cerca aiuto psichiatrico e psicoterapeutico, non vuole curarsi perché non ha consapevolezza di essere malato;
3) gli schizofrenici, che sono una parte rilevante, ma non la sola, del problema psichiatrico rappresentano l’1% della popolazione, cioè 350.000 schizofrenici, dei quali, circa la metà riescono a vivere nella società, o perché il grado della loro malattia non è molto grave o perché godono di situazioni favorevoli particolari che consentono una vita un po’ bizzarra, ma ancora accettabile per chi li circonda.
Gli altri hanno bisogno di cure, ma tra di loro, circa 17-18 mila le rifiutano tassativamente e sono quindi pazienti molto particolari.
Non sono i soli a rifiutare le cure:
ci sono anche altri pazienti: per esempio gli euforici e i mitomani.
E quindi per 20-30 mila persone, la situazione è drammatica perché non sembra esserci alcuna soluzione al di fuori del trattamento sanitario obbligatorio (TSO) che ha le regole testè enunciate nell’art. 33.
4) I manicomi contenevano 50 mila pazienti. Molti temevano, quando la “180” fu varata, che questa massa si trasferisse nei manicomi criminali.
Fortunatamente non è stato così, è cresciuta solo la popolazione carceraria e la maggior parte della patologia psichiatrica oggi è lì, in carcere.
Abbiamo eliminato 100 manicomi e costruito 100 nuove carceri !
5) Molti sono i morti: la “180” ha provocato migliaia di vittime: sono moltissimi i pazienti che si sono suicidati o che sono scomparsi perché abbandonati a sé stessi, come sono numerosissimi i familiari (o anche i normali cittadini) feriti o uccisi dai malati non curati.

 

Testo integrale del terzo articolo:


“Art. 35
(Procedimento relativo agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale e tutela giurisdizionale)
Il provvedimento con il quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, da emanarsi entro 48 ore dalla convalida di cui all’articolo 34, quarto comma, corredato dalla proposta medica motivata di cui all’articolo 33, terzo comma, e dalla suddetta convalida deve essere notificato, entro 48 ore dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune.
Il giudice tutelare, entro le successive 48 ore, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al sindaco. In caso di mancata convalida il sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera.
Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è disposto dal sindaco di un comune diverso da quello di residenza dell’infermo, ne va data comunicazione al sindaco di questo ultimo comune, nonché al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune di residenza. Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è adottato nei confronti di cittadini stranieri o di apolidi, ne va data comunicazione al Ministero dell’interno, e al consolato competente, tramite il prefetto.
Nei casi in cui il trattamento sanitario obbligatorio debba protrarsi oltre il settimo giorno, ed in quelli di ulteriore prolungamento, il sanitario responsabile del servizio psichiatrico della unità snitaria locale è tenuto a formulare, in tempo utile, una proposta motivata al sindaco che ha disposto il ricovero, il quale ne dà comunicazione al giudice tutelare, con le modalità e per gli adempimenti di cui al primo e secondo comma del presente articolo, indicando l’ulteriore durata presumibile del trattamento stesso.
Il sanitario di cui al comma precedente è tenuto a comunicare al sindaco, sia in caso di dimissione del ricoverato che in continuità di degenza, la cessazione delle condizioni che richiedono l’obbligo del trattamento sanitario; comunica altresì la eventuale sopravvenuta impossibilità a proseguire il trattamento stesso. Il sindaco, entro 48 ore dal ricevimento della comunicazione del sanitario, ne dà notizia al giudice tutelare.
Qualora ne sussista la necessità il giudice tutelare adotta i provvedimenti urgenti che possono occorrere per conservare e per amministrare il patrimonio dell’infermo.
La omissione delle comunicazioni di cui al primo, quarto e quinto comma del presente articolo determina la cessazione di ogni effetto del provvedimento e configura, salvo che non sussistano gli estremi di un delitto più grave, il reato di omissione di atti di ufficio.
Chi è sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, e chiunque vi abbia interesse, può proporre al tribunale competente per territorio ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare.
Entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla scadenza del termine di cui al secondo comma del presente articolo, il sindaco può proporre analogo ricorso avverso la mancata convalida del provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio.
Nel processo davanti al tribunale le parti possono stare in giudizio senza ministro di difensore e farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce al ricorso o in atto separato. Il ricorso può essere presentato al tribunale mediante raccomandata con avviso di ricevimento”.
e titolo III art. 64
“E’ in ogni caso vietato costruire nuovi ospedali psichiatrici, utilizzare quelli attualmente esistenti come divisioni specialistiche psichiatriche di ospedali generali, istituire negli ospedali generali divisioni o sezioni psichiatriche e utilizzare come tali divisioni o sezioni psichiatriche o sezioni neurologiche o neuro-psichiatriche”.

 

Commento:


L’errore più grande della “180”, ormai unanimamente riconosciuto, è quello di aver negato implicitamente l’esistenza della cronicità psichiatrica e di conseguenza, la necessità di prevedere strutture anche per trattamenti di lunga durata.
Dopo aver di malavoglia ammesso la possibilità di fasi acute della malattia, che possono avere necessità di ospedalizzazione, sia pure per il tempo assurdamente breve di sette giorni, gli estensori della “180” nulla infatti prevedono per le esigenze di ricovero prolungato, coerentemente con le loro teorie che vedono nella cronicità psichiatrica nient’altro che un artefatto iatrogeno, cioè un prodotto della lunga degenza in manicomio.
Teorie rivelatesi inesatte perché possiamo riscontrare oggi pazienti che non sono mai stati né in manicomio né in altre istituzioni, comunque cronicizzati nella malattia o a casa loro o vagabondando per l’Italia.
Quindi l’ospedale psichiatrico non ne era la causa, ma il tentativo inadeguato, superato, e talvolta anche dannoso di dare una risposta alla cronicità psichiatrica, perché dava una risposta unica e indifferenziata ai bisogni molteplici e diversissimi delle varie malattie mentali nelle successive fasi della loro evoluzione.
La legge “180” del 1978 faceva un passo avanti prevedendo il servizio psichiatrico nell’ospedale generale e l’ambulatorio psichiatrico sul territorio, ma anche due diverse risposte sono ancora troppo poche.
Perciò quasi tutte le proposte di modifica della legge N° 180 presentate prevedono altre strutture, dal day hospital ai presidi residenziali per le esigenze di media o lunga degenza, più o meno esplicitamente e coraggiosamente definite tali.
Pertanto una riforma dovrebbe prevedere:
1) Una rete integrata di strutture di assistenza psichiatrica che garantiscano:
- pronto soccorso psichiatrico per le emergenze;
- assistenza sanitaria in reparti ospedalieri per il periodo necessario per una diagnosi corretta ed una cura adeguata;
- assistenza riabilitativa in comunità terapeutiche e di formazione al lavoro;
- assistenza psichiatrica residenziale per i cronici, non assistibili a domicilio, tramite comunità protette e case famiglia;
- una commissione per la tutela della salute mentale, con la presenza delle associazioni dei familiari;
- formazione continua e maggiore responsabilizzazione degli operatori.
2) Commissione per la tutela della salute mentale:
Gli interventi per accertamenti diagnostici, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali di norma sono volontari.
Qualsiasi intervento obbligatorio, comportando una limitazione della libertà, deve essere ordinato o convalidato da una commissione per la tutela della salute mentale presieduta da un giudice tutelare, e composta da un medico specialista in psichiatria, un medico specialista in medicina legale od in psichiatria forense, uno psicologo, un assistente sociale e da un rappresentante dei sindaci dei comuni appartenenti all’area di competenza.
La commissione sarà competente su tutti gli atti riguardanti l’accertamento sanitario obbligatorio (ASO), anche con procedimento di urgenza, il trattamento sanitario obbligatorio (TSO), la dimissione in affidamento (DA) di paziente in TSO.
L’accertamento sanitario obbligatorio (ASO) potrà essere attuato nei casi e con le seguenti modalità:
a) qualora una persona, presumibilmente ammalata di mente e bisognosa di cure, non accetti volontariamente i necessari accertamenti diagnostici od i successivi interventi terapeutici, esponendosi al rischio di un aggravamento del proprio stato e a possibili danni, è fatto obbligo ai parenti conviventi di riferire la situazione alla commissione che qualora necessario disponde con provvedimento motivato che il paziente sia sottoposto ad accertamento sanitario obbligatorio presso il servizio psichiatrico di diagnosi e cura quando:
- le condizioni di salute mentale del paziente possono ricevere un sensibile miglioramento dalle prestazioni di cure ovvero risentire di un sensibile peggioramento per la loro mancanza;
- per effetto della malattia il paziente non è in grado di giudicare il proprio stato e rifiuta di sottoporsi ai necessari accertamenti diagnostici ed interventi terapeutici;
- per effetto della malattia il paziente sia incapace di badare a sé e di tutelare i propri interessi, oppure sia pericoloso per la salute fisica e psichica, per i beni e per la sicurezza propria o di altri.
L’accertamento sanitario obbligatorio, con procedura d’urgenza potrà essere attuato nei seguenti casi:
a) le forze di pubblica sicurezza, nello svolgimento dei propri comiti istituzionali di prevenzione e repressione dei reati, quando vi siano ragionevoli motivi di supporre che una persona soffra di una malattia mentale ed abbia bisogno immediato di cure e controlli, a tutela di legittimi diritti di terzi, fanno sottoporre a visita medica, nel territorio o in Pronto Soccorso, il presunto ammalato per gli accertamenti terapeutici necessari;
b) il medico, nello svolgimento dei propri compiti di assistenza, quando vi siano ragionevoli motivi di supporre che una persona affetta da malattia mentale che necessiti di immediate cure e le rifiuti per incapacità di giudicare il proprio stato, possa commettere atti che comportino un danno a se stesso od a terzi, può richiedere l’intervento delle forze di pubblica sicurezza affinchè prevengano possibili reati e provvedano all’accompagnamento del malato al pronto soccorso psichiatrico per gli accertamenti terapeutici necessari;
c) un provvedimento di continuazione delle terapie in regime di TSO quando:
il paziente è affetto da una malattia mentale che può ricevere un sensibile miglioramento da una continuazione della terapia in atto o risentire di un sensibile peggioramento della loro interruzione;
il paziente per effetto della sua malattia, non è in grado di giudicare il proprio stato e rifiuta di proseguire le terapie necessarie od è improbabile che continui ad assumerle una volta dimesso, oppure, nonostante le terapie in atto, non ha ancora raggiunto uno staot di sufficiente compenso psichico;
il paziente, per l’interruzione della terapia o per la sua insufficiente azione rischia di essere, se dimesso, incapace di badare a sé, oppure pericoloso per la salute fisica e psichica, per i beni e per la sicurezza propria o di terzi.
La dimissione in affidamento (DA) di un paziente in TSO è effettuata nei casi e con le seguenti modalità:
1.il paziente ha raggiunto, durante il ricovero, un sufficiente stato di compenso psichico e la sua malattia non trarrebbe ulteriore giovamento da un prolungarsi della ospedalizzazione;
2.è improbabile che il paziente, se dimesso e affidato a se stesso, sia capace di badare a sé o di sottoporsi con regolarità alle cure delle quali ha bisogno o di guardarsi da azioni gravemente irresponsabili o di difendersi da maltrattamenti, abusi, raggiri e tentativi di sfruttamento;
3.il paziente non si oppone ad essere dimesso ed affidato a terzi, permanendo il regime di TSO, e mostra disponibilità ad accettare le regole dell’affidamento;
4.vi sia la persona idonea a svolgere i compiti dell’affidamento ed una collocazione adeguata ai bisogni ed alle necessità di cura del paziente in TSO.

 

d) Prevenzione:
Il problema fondamentale e prioritario nel campo dell’assistenza psichiatrica è quello della prevenzione della malattia e dei suoi drammi. Se ne parla solo a tragedie avvenute e poi tutto viene subito accantonato. Bisogna intervenire, invece, alle prime avvisaglie, anche in sede scolare, e quindi con maggior efficacia su soggetti ancora giovani. 

Se ciò non avviene, la malattia degenera fino ad arrivare alla cronicizzazione, con conseguenze negative di ogni genere, compreso l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (O.P.G.). L’onere finanziario per l’intera società diminuirebbe se la prevenzione fosse veramente attuata.

e) Formazione del personale medico e paramedico:

Selezione e formazione del personale medico e paramedico anche nel quadro dell’approccio della medicina umanistica, così da garantire un trattamento empatico e rispettoso del malato e dei suoi familiari. 

f) Assicurare assistenza psicologica e medica ai familiari:

Attraverso le nuove adeguate strutture di assistenza psichiatrica e di reinserimento sociale assicurare la prevenzione dei gravi disagi psicologici e delle malattie psicosomatiche che spesso i familiari contraggono per la loro convivenza forzata con i congiunti psicotici e aggressivi.

 

Luisa Regimenti