PRESENTAZIONE PRIMO INCONTRO INTELLETTO D'AMORE

Interrompiamo per un istante il filo del nostro discorso per proporti, caro lettore, di incontrarci e conoscerci di persona. Proviamo a riflettere insieme, nella forma del contatto personale, diretto, infinitamente più ricco ed espressivo della lettura solitaria. Ti proponiamo un Incontro di riflessione, di cui qui accanto trovi riprodotta la locandina. Si tratta di trascorrere una giornata con noi e con altre persone interessate ai temi che sviluppiamo su questo giornale, nell'ambiente bello e rasserenante dell'agriturismo La Miniera di Lessolo. Questo Incontro è organico al discorso che sviluppiamo su queste pagine, è momento esperienziale che ben si affianca alla riflessione più teorica degli articoli. Noi speriamo che questo del 25 novembre sia soltanto il primo Incontro di una lunga serie che ci piace chiamare Intelletto d'Amore.


Perché Intelletto d'Amore? Perché nel nostro linguaggio di tutti i giorni l'intelletto è la capacità di intendere e di ragionare. E l'intelletto d'amore è la capacità di intendere e ragionare sulle cose dell'amore. Ne abbiamo già parlato nei nostri articoli: «e pensa a cosa si schiude, quando l’amore illumina e riscalda il nostro incontro...» dicevamo. Abbiamo molte altre risorse per reggere la sofferenza?


Quale tema centrale della riflessione di questo primo Incontro abbiamo scelto La sofferenza della condizione umana: riconoscerla, condividerla, accettarla.


Perché questa scelta, certo impegnativa, forse troppo seria? Per tante ragioni: possiamo prescindere dalla sofferenza se vogliamo davvero prenderci cura dell'umano? Non ci accomuna forse la sofferenza nel profondo, più di tante altre cose, non concerne forse ognuno di noi nell'intimo, non ci consente forse spietatamente di conoscerci e di prendere le misure di noi stessi? E non è proprio come risposta alla sofferenza che talvolta riusciamo a sviluppare quelle nascoste meraviglie e quei silenziosi eroismi che un poco ci consolano del nostro essere umani? Noi, e chi come noi, ha conosciuto la grande sofferenza mentale lo sa, sa che il primo gradino da affrontare è questo, «per rendere – come dicevamo – il giusto rispetto a ciò che è umano, quell’umano così capace di prodigi se solo un poco amato.»


Due parole sullo svolgimento dell'Incontro: all'inizio della giornata Cura e Cultura ti proporrà in un documento una breve sintesi dei temi sviluppati su queste pagine. Ne daremo lettura tutti insieme, ci sarà spazio per qualche commento e chiarimento. In seguito ci divideremo in cinque gruppi di otto partecipanti ciascuno accompagnati da due membri di Cura e cultura. In ogni gruppo ciascun partecipante potrà riflettere su un particolare aspetto del documento, proverà a esplorare il proprio quotidiano con l'aiuto dei due conduttori. Ogni gruppo affiderà a un proprio membro il compito di offrire la riflessione condivisa al grande gruppo nel momento finale dell'Incontro, nel tardo pomeriggio.  


Abbiamo ritenuto opportuno limitare il numero di partecipanti all'Incontro a 40 Persone, in modo da costituire al massimo cinque gruppi.

 

 

Alle pareti della sala nella quale si riunirà il grande gruppo troverai esposte 18 tavole sulla Divina Commedia, opera di Eugenio Gabanino, pittore di Torino.
Perché Dante? Per tante ragioni: intanto perché Intelletto d'Amore è espressione squisitamente dantesca; poi perché Dante dice di sé, nel canto XXIV del Purgatorio:

 

«E io a lui: “I' mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch'e' ditta dentro vo significando”.»

 

E infine ancora perché quella di Dante è per antonomasia l'avventura del vivere nella nostra cultura: Dante è una di quelle figure che, al pari di Giuseppe Verdi, anche se non la conosciamo sta dentro di noi più di quanto non possiamo immaginare.

 

Al termine dei lavori dei piccoli gruppi, nel pomeriggio, prima dell'incontro finale di restituzione, avremo un concerto del soprano Lalitha Bellino accompagnata dal pianista Simeone Cordera. Il concerto sarà intenzionalmente un momento dei lavori, non un passatempo distensivo esterno a essi. Vogliamo che la musica, il canto e la voce siano autentici protagonisti del nostro Incontro, vogliamo che possano esercitare la loro azione profonda su di noi nel corso della nostra riflessione, prima della restituzione finale.


Infine, perché la musica?
Ma perché il canto è manifestazione della nostra pienezza. Perché quando cantiamo esprimiamo il nostro felice rapporto con il mondo. Perché ogni atto musicale è volontà ostinata e profonda, nonostante tutto, di cantare - lodare la vita. Perché far musica significa donar senso a segni su una partitura, insegna a cantare i fatti della vita come note di una partitura. Perché la voce più dello sguardo è specchio dell’anima, tramite involontario e infallibile degli affetti. È precaria uscita nel mondo, effimera traccia che subito svanisce, ma insieme anche totale apertura all’intimità. Perché sempre, nella parola di tutti i giorni, la voce testimonia della presenza e delle sue intenzioni: ma lo fa con assoluta purezza solo quando si fa canto, quando la presenza abbandona la protezione del significato delle parole e si consegna al puro suono, nel canto.


Perché infine, ma questo sarà tema del successivo Incontro, l'anno prossimo, Roberta de Monticelli ci ricorda che «da qualche parte sappiamo che il Bello salva.  Salva o rinnova una parte di noi e della nostra vita […] solo che per accorgersi di questo potere di salvezza, bisogna aver sofferto.»

 

 

 

Giorgio Moschetti